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“Bere il vino". Respirazione sul sangue e l'io

La traslazione della coscienza di se’ nel cuore tramite la respirazione cardiaca


Questo esercizio aiuta a recuperare forze, a sciogliere lo stress e a ripristinare lo stato di equilibrio. E a favorire la chiaroveggenza.

L’io umano usa come veicolo di manifestazione il sangue: ci sentiamo vivi, perché l’io scorrendo entro il nostro sangue ce ne offre l’esperienza. Ogni essere che ha sangue sa di esistere. Perché il suo spirito testimonia in lui presenza.


L’io fluisce in tutto il corpo tramite la circolazione del sangue: è anzi l’agente che mette in modo il cuore, che lo fa muovere. E’ il movimento del sangue che rende possibile la vita del corpo e della coscienza.


Il cuore quindi è il medium del sangue e lo si può eleggere come suo “centro base” irradiante. Il cuore è quindi la “dimora” dell’io, nel senso che tramite il cuore, l’io può arrivare a trovare testimonianza di sé.


Ci si “orienta” volendo penetrare nel cuore, perché in quei pressi vi è un organo spirituale, un “Loto” a 12 petali il quale, se attivato, conferisce capacità di percezioni occulte superiori.


Per favorire questo processo occulto, si è sempre associato come similitudine, il sangue con il vino, per il fatto che quest’ultimo contiene alcool, definibile come appartenente alla categoria degli “spiriti”.

“Bere il vino” (bere il sangue) nelle tradizioni spirituali, ha sempre significato giungere ad avere l’esperienza dello spirito presente nel sangue. A vivere autocoscientemente nell’io, quindi a poter usare l’organo spirituale del cuore come organo percipiente.


Di solito non si vive nell’io, ma nell’ego. Arrivare a “sentirsi un io” è afferrare la parte, il nucleo divino di luce dentro di sé, nel cuore. Ci si sente qualitativamente entro uno stato di presenza superiore.


Questa pratica del “bere il vino/sangue” è di fatto chiamata anche: “la traslazione della coscienza”, la quale si realizza cercando di trasporre la sensazione della coscienza di sè nella regione del cuore.


Questa operazione è contemplata da vari occultisti, come una delle tecniche più importanti per il conseguimento della facoltà di chiaroveggenza.


Alcune tradizioni, fanno bere il vino mentre ci si immagina di sentirne la discesa lungo la gola, dentro i centri della laringe, per arrivare a riversarsi nel cuore.

Altri, in luoghi di culto esoterici, si battono sul petto con la mano, appoggiano la mano, congiungono le mani sul cuore, oppure si toccano, sfiorano lievemente con le dita la regione del cuore: questo per agevolare l’atto di portare l’attenzione (la propria presenza o coscienza di sé) nella zona cardiaca.


Dopo di ché viene insegnato e detto di respirare osservando un certo ritmo, conservando la propria attenzione sul cuore.

L’inspirazione può essere soltanto un po' più profonda di quella che è la nostra normale modalità di respirare. Per esempio si può contare sino a 5 inspirando, e poi contare sino a 5 espirando.

Lo si deve fare almeno 7 volte.


Si deve arrivare a dire: “sono nel cuore, lo sento, lo vivo”.

Questa è la cosa più ardua.

Questo “sentirsi nel cuore” è qualcosa di molto raro, di difficile e inconsueto. Di solito ci sentiamo nella testa, fra le sopracciglia.

Sentirsi nel cuore non è pensare, ma sentire e vivere la coscienza nel sentimento.


Un espediente per stimolare l’insediamento della coscienza nel cuore è spingersi a “provare” sentimenti. Ad es. si provi a leggere questa favola (o anche un altra, a scelta) e ad immergersi nei sentimenti:


La piccola fiammiferaia

“Era la fine dell'anno faceva molto freddo.

Una povera bambina camminava a piedi nudi per le strade della città. La mamma le aveva dato un paio di pantofole, ma erano troppo grandi e la povera piccola le aveva perdute attraversando la strada. Un monello si era precipitato e aveva rubato una delle pantofole perdute. Egli voleva farne una culla per la bambola della sorella. La piccola portava nel suo vecchio grembiule una gran quantità di fiammiferi che doveva vendere. Sfortunatamente c'era in giro poca gente: infatti quasi tutti erano a casa impegnati nei preparativi della festa e la poverina non aveva guadagnato neanche un soldo. Tremante di freddo e spossata, la bambina si sedette nella neve: non osava tornare a casa, poiché sapeva che il padre l'avrebbe picchiata vedendola tornare con tutti i fiammiferi e senza la più piccola moneta. Le mani della bambina erano quasi gelate.

Un pochino di calore avrebbe fatto loro bene! La piccola prese un fiammifero e lo sfregò contro il muro. Una fiammella si accese e nella dolce luce alla bambina parve di essere seduta davanti a una grande stufa! Le mani e i piedi cominciavano a riscaldarsi, ma la fiamma durò poco e la stufa scomparve. La piccola sfregò il secondo fiammifero e, attraverso il muro di una casa, vide una tavola riccamente preparata. In un piatto fumava un'oca arrosto.... All'improvviso, il piatto con l'oca si mise a volare sopra la tavola e la bambina stupefatta, pensò che l'attendeva un delizioso pranzetto. Anche questa volta, il fiammifero si spense enon restò che il muro bianco e freddo. La povera piccola accese un terzo fiammifero e all'istante si trovò seduta sotto un magnifico albero di Natale. Mille candeline brillavano e immagini variopinte danzavano attorno all'abete. Quando la piccola alzò le mani il fiammifero si spense.

Tutte le candele cominciarono a salire in alto verso il cielo e la piccola fiammiferaia si accorse che non erano che stelle. Una di loro tracciò una scia luminosa nel cielo: era una stella cadente. La bambina pensò alla nonna che le parlava delle stelle. La nonna era tanto buona! Peccato che non fosse più al mondo.

Quando la bambina sfregò un altro fiammifero sul muro, apparve una grande luce. In quel momento la piccola vide la nonna tanto dolce e gentile che le sorrideva. -Nonna, - escalmò la bambina - portami con te! Quando il fiammifero si spegnerà, so che non sarai più là. Anche tu sparirai come la stufa, l'oca arrosto e l'albero di Natale! E per far restare l'immagine della nonna, sfregò uno dopo l'altro i fiammiferi. Mai come in quel momento la nonna era stata così bella. La vecchina prese la nipotina in braccio e tutte e due, trasportate da una grande luce, volarono in alto, così in alto dove non c'era fame, freddo né paura. Erano con Dio”.


Si avvertirà un sentimento nel cuore.

Si deve cercare di “dare un nome” personale a quel sentimento. Ad. es: “tenerezza, dolcezza, tristezza, ecc.” lo si deve inventare.

Sentire quel sentimento è essere nel cuore. L’io è ora lì, si è trasferito.

Si provi a cercare di respirare come prima (5 sec + 5 sec x 7volte ), mantenendo viva questa sensazione di presenza entro il sentire del cuore.


Lo stress sparirà. Gli eccessi di cortisolo e di adrenalina cesseranno di essere prodotti. Il corpo riacquisità l'equilibrio, la saldezza della salute.


In futuro si potrà “nominare” quel sentimento, per aiutare a evocare il sentimento e ad immergersi nel sentire. Il ricordo della fiaba e del suo sentimento ci aiuterà a trasferirci nel cuore.


Questo esercizio aiuta a recuperare forze, a sciogliere lo stress e a ripristinare lo stato di equilibrio. E a favorire la chiaroveggenza.


Tiziano Bellucci, Agosto 2021

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