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Esercizio. Io: la presenza, l’essere.

Esercizio. Io: la presenza, l’essere.


Cosa è ”io”?

Siediti e osserva il mondo. Senza interpretare, senza spiegare ciò che vedi, senza “nominare” le cose. Abbandonandoti alle impressioni che suscitano le forme e i colori osservati. Puoi anche fare questo esercizio camminando, durante una passeggiata. Non pensare, non ricordare. Non creare associazioni di pensiero. Considera solo la sensazione di essere presente con ciò che esiste, in questo momento. Guarda fuori di te, ciò che entra tramite i tuoi sensi corporei, senza “spiegare” ciò che vedi. Ascolta con attenzione ciò che avviene ora, ciò che si modifica in te in merito a “qualità dello stato di coscienza”.

La sensazione di essere privi di pensieri, l’impressione di non stare usando lo strumento del giudizio e dell’analisi, è l’io. Vivere il momento presente senza pensieri, è afferrare il senso dell’io.

Sperimentarsi come uno spazio privo di forme e senza immagini è l’io.

Non esiste un io che ha fatto o sarà. Si sta parlando di altro. Della proiezione dei propri aneliti nel passato o delle proprie paure nel futuro. Si parla di qualcosa che non esiste: l’ego.

“L’io” non è un qualcosa: è quella condizione che avverti quando diventi più consapevole della percezioni dei sensi. E’ lo stato che avverti quando porti più attenzione verso te, e il mondo.

La prima cosa che si avverte è “sentire che sei vivo”: senti come se puoi percepire la frequenza vibratoria del tuo corpo, il moto del sangue e dei succhi. Sei più attivo, vigile, presente.

Ogni volta che si farà questo tipo di esercizi, una sorta di avversione si affaccerà nell’’anima. Un nemico si presenterà all’interno di noi. E’ la mente, l’essere che vive nella nostra mente. Qualcosa che dice: “non puoi farcela, non serve a nulla quello che stai facendo. E’ ridicolo credere di poter “risvegliarsi”. E’ suggestione sforzarti di cambiare coscienza. E’ illusione”.

Questi pensieri sono una escogitazione della mente, sono pensieri falsi, creati per portarti fuori strada, per demotivarti.

La mente sa, invero, che potenziare l’attenzione è proprio il modo giusto per scioglierti dal suo potere di identificazione. Sente che la puoi controllare, disautorare. E farà di tutto per ingannarti.

Si deve ben sapere che la mente è un “utilissimo kit per la sopravvivenza sulla terra”: che deve essere usato per ciò che è e non per farsi usare da esso. La mente è uno strumento meraviglioso per il lavoro, per pianificare gli appuntamenti,  per il cibo, per gestire le passioni, gli hobbies, gli affetti. E’ in grado di preparare il futuro e di archiviare il passato.

Ma dovrebbe servire solo a questo: non a “credersi la mente”.

Un inno esoterico recita: “la mente è il grande distruttore del reale. Distrugga Il discepolo, il distruttore”.

In realtà la mente ordinaria egoica è un entità meccanica, predisposta per attività automatiche: non può tollerare uno stato di presenza. La mente impone i suoi pensieri, i suoi desideri, il suo bisogno di ripetere ciò che gli dà piacere.

L’ego mentale si identifica con ogni elemento lo attraversa. Questo ci fa “perdere nei propri pensieri e sentimenti”.

Prima nessuno sapeva questo. L’evoluzione rendeva la coscienza identificata con i suoi contenuti. Macchinalmente. Ora qualcuno se ne é accorto. Il distinguere se stessi dai propri pensieri é un fatto rivoluzionario, che sconvolge i fondamenti della propria coscienza.

E’ il principio della liberazione dell’inganno della mente.

Di certo lo studio della conoscenza occulta, aiuta ad aumentare la forza per praticare l’esercizio della presenza. Ma trasformarsi, “risvegliarsi” non significa trovare soluzioni cognitive ai misteri della vita e del cosmo. “Iniziazione” è soprattutto addestrarsi a “percepire senza usare giudizi e pensieri”.

Il dolore e la sofferenza, come oblio dell’io


Tutto intorno cambia, muta.

Viviamo in un mondo di trasformazione continua, ritmica: ora è giorno, poi è notte; ora ho fame, poi ho sete. Il cielo è azzurro, poi è grigio. Ieri mi è venuto incontro questo, ora questo altro.

Anche le nostre emozioni e pensieri cambiano di continuo.

Solo un’unica cosa non cambia: é il nostro io. Ma cosa è “io”?

A questa domanda si può rispondere solo tramite un esperienza.

L’avere una biografia, un passato dietro le spalle, genera il credersi e il sentirsi ciò che si é stati, identificarsi con i propri ricordi. Si dice “io” a ciò che abbiamo fatto, a ciò che abbiamo vissuto.

Ma “io” non é un ricordo. “Io” é quell’elemento che in quel presente, ora passato, é stato in grado di produrre un azione o di sentire un sentimento. Ma ora quell’io non può essere più parte del ricordo, egli é qui, ora. È ciò che permette di richiamare e di rivivere quel ricordo. Ma non é quel ricordo. Quindi dirsi “io ero a scuola” é un errore grammaticale. Più corretto sarebbe dire: “un tempo il mio corpo e la mia anima andava a scuola”.

Lo smarrire questo “senso dell’io è l’origine di ogni sofferenza o malattia.

Esistono due tipi di dolore: quello interiore e quello fisico.

Quello fisico deriva da quello interiore molto spesso e quando arriva è forse troppo tardi per curarlo tramite la proprie forze interiori. Si deve ricorrere alla medicina.

Il dolore interiore, chiamato anche “sofferenza”  si genera perchè spesso la vita non sta andando o non è andata come si credeva. Si analizza la propria biografia e la si vede come un fallimento, come un insieme di eventi spiacevoli. Questo ci fa sentire vittime di un destino crudele di una vita che non ci ha permesso di realizzarci.

Ed è così che ci si sente infelici. Un “io” scontento della propria biografia è un io triste, sconsolato.

Questo provoca grande sofferenza, che spesso riversiamo anche sugli altri.

In realtà questa infelicità deriva da un entità che si è costruita mentalmente. Non è qualcosa di reale. Noi non siamo ciò che ci è accaduto. Siamo ciò che ha assistito passivamente all’attuarsi della vita.

Solitamente si sente, si trasforma il presente come un elemento nemico, qualcosa di estraneo, da temere, da averne paura. Non è bene. Il destino siamo noi, è il piano del nostro io. Come può essere nemica la nostra volontà di realizzarci come spiriti sulla terra?

Vivere il presente aiuta a sentire le forze amiche del destino che vengono incontro. Aiuta a sentirci un io. Sentire nemico il presente paralizza il destino e il suo potere. Non serve pensare, preoccuparsi. Basta essere presenti. Essere presenti attiva questo potere del destino e permette di fare arrivare ciò di cui si ha bisogno. Perché può solo arrivare ciò che è ottimo per noi, dato che lo abbiamo predisposto come piano di vita, prima di incarnarci sulla terra, come spiriti, come io.

Non complichiamo, non distruggiamo la tessitura del cammino che attende di essere adempiuto, realizzato. Non dimentichiamo il nostro io.

Tiziano Bellucci

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